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Talenti umbratili.
Il pittore Pippo Rizzo ovvero elogio della solitudine.
Di Tano Siracusa.
Pubblicato www.suddovest.com 16-10-2014
Pippo Rizzo ritiene che la solitudine costituisca la condizione ideale per produrre. Che neppure la rarefazione dei rapporti con gli altri artisti sia un grave svantaggio. Neppure la scarsa attenzione degli altri per le sue opere. Dei collezionisti, del pubblico, di chi controlla gli accessi alla visibilità e non va neppure a vedere cosa si realizza nel territorio. Neppure l’estraneità del suo paese. Nessun risentimento da parte sua, nessun malumore. Pippo Rizzo è semplicemente un artista vero, maturo, colto, consapevole della sua collocazione nel contesto, che ha scelto la marginalità e se ne infischia delle mode, delle tendenze, che vive una vita frugale e dignitosa e non chiede niente a nessuno. Difficile che qualcuno passi dal suo studio o che qualche importante critico o “curatore” di mostre provi a stanarlo. Le mie opere sono qui, il mio compito è produrle, dice lui tranquillo.
Vincenzo Bonaventura.
Tra Savinio e Platone l’uomo torna nella spiritualità.
GAZZETTA DEL SUD
Giovedì 7 giugno 2012.
Per collegarsi immediatamente al mondo pittorico di Crizzo, l’artista agrigentino ospite fino al 14 giugno della galleria Orientalesicula di Messina con la mostra “Nature”, può servire questa definizione dell’Iperuranio reperibile online su Wikipedia:<<Secondo Platone è quella zona aldilà del cielo ( da cui il nome) dove risiedono le idee. Dunque l’Iperuranio è quel mondo oltre la volta celeste che è sempre esistito in cui sono le idee immutabili e perfette, raggiungibile solo dall’intelletto, non tangibile dagli enti terreni e corruttibili. E’ importante notare che nella visione classica la volta celeste rappresentasse il limite estremo del luogo fisico: la definizione di “ oltre la volta celeste”, dunque, porta l’Iperuranio in una dimensione metafisica, aspaziale e atemporale e, dunque, puramente spirituale>>. Poche parole che sono la “giustificazione” di una pittura affascinante, di grande impatto visivo e mentale, ma che provoca anche una certa inquietudine, soprattutto per quel livido costante tra il bianco e il giallo che predomina nei corpi “senza sangue”, ritratti in una dimensione spaziale più indistinta che vuota. Tanto più che in questo “mondo delle idee” platonico le “nature” del titolo sono fuse in un unico soggetto. Minerale, animale (uomo compreso) e vegetale diventano un tutt’uno, a voler indicare un “prima” dalla vita così come la conosciamo, in cui delimitazioni e confini tra un genere e l’altro non sono ancora avvenuti. In questi grandi oli, sempre frazionati in più tele, come ad anticipare la successiva scomposizione per generi sulla Terra, Crizzo sistema poi magistralmente quadretti-ortaggi ( melanzane, cipolle, fave eccetera) che sono invece perfettamente colorati, come a creare un continuo raffronto tra “realtà spirituale” e realtà reale. Sulle tele si alternano uomini e donne che formano un’unica entità con uccelli, cani, pesci oppure con germogli di piante. E talvolta sono immersi nell’elemento acqua. Sono continui i richiami a figure mitologiche, con citazioni di grandi maestri del passato come Andrea Mantenga ( o anche Mattia Preti). Da notare però, un’evidente centralità riservata all’uomo: se è fuso con il cavallo mantiene i propri piedi che non diventano zoccoli; la donna che è un insieme col pescespada conserva anche lei i piedi senza alcuna coda di sirena. Tuttavia questa pittura, così accuratamente realistica nei particolari anatomici per sfociare nel surrealismo riporta soprattutto alla fusione oumo-animale di Alberto Savinio, il quale però diversamente giocava tutto in modo fantastico sui colori e sull’ironia. Crizzo sembra coniugare gli slanci irruenti di Savinio con la metafisica del fratello Giorgio De Chirico. Si può dire che il pittore siciliano sia partito da una sorta di compendio per poi trovare una strada nuova e personale. Un’altra cosa si può dire: forse aldilà delle intenzioni dell’artista ( la mostra alla fine la fa chi la guarda) più che un Iperuranio perfetto il “ mondo” figurativo di Crizzo sembra segnalare un processo di sublimazione, ovvero la trasformazione di impulsi istintuali primitivi, sessuali e aggressivi, a livelli superiori, come-sosteneva Freud- processo prevalentemente inconscio operante nella produzione artistica e creativa. Insomma il processo inverso a quello del “mondo delle idee”.
Vincenzo Bonaventura
Di Tano Siracusa.
Pubblicato www.suddovest.com 16-10-2014
Pippo Rizzo ritiene che la solitudine costituisca la condizione ideale per produrre. Che neppure la rarefazione dei rapporti con gli altri artisti sia un grave svantaggio. Neppure la scarsa attenzione degli altri per le sue opere. Dei collezionisti, del pubblico, di chi controlla gli accessi alla visibilità e non va neppure a vedere cosa si realizza nel territorio. Neppure l’estraneità del suo paese. Nessun risentimento da parte sua, nessun malumore. Pippo Rizzo è semplicemente un artista vero, maturo, colto, consapevole della sua collocazione nel contesto, che ha scelto la marginalità e se ne infischia delle mode, delle tendenze, che vive una vita frugale e dignitosa e non chiede niente a nessuno. Difficile che qualcuno passi dal suo studio o che qualche importante critico o “curatore” di mostre provi a stanarlo. Le mie opere sono qui, il mio compito è produrle, dice lui tranquillo.
Vincenzo Bonaventura.
Tra Savinio e Platone l’uomo torna nella spiritualità.
GAZZETTA DEL SUD
Giovedì 7 giugno 2012.
Per collegarsi immediatamente al mondo pittorico di Crizzo, l’artista agrigentino ospite fino al 14 giugno della galleria Orientalesicula di Messina con la mostra “Nature”, può servire questa definizione dell’Iperuranio reperibile online su Wikipedia:<<Secondo Platone è quella zona aldilà del cielo ( da cui il nome) dove risiedono le idee. Dunque l’Iperuranio è quel mondo oltre la volta celeste che è sempre esistito in cui sono le idee immutabili e perfette, raggiungibile solo dall’intelletto, non tangibile dagli enti terreni e corruttibili. E’ importante notare che nella visione classica la volta celeste rappresentasse il limite estremo del luogo fisico: la definizione di “ oltre la volta celeste”, dunque, porta l’Iperuranio in una dimensione metafisica, aspaziale e atemporale e, dunque, puramente spirituale>>. Poche parole che sono la “giustificazione” di una pittura affascinante, di grande impatto visivo e mentale, ma che provoca anche una certa inquietudine, soprattutto per quel livido costante tra il bianco e il giallo che predomina nei corpi “senza sangue”, ritratti in una dimensione spaziale più indistinta che vuota. Tanto più che in questo “mondo delle idee” platonico le “nature” del titolo sono fuse in un unico soggetto. Minerale, animale (uomo compreso) e vegetale diventano un tutt’uno, a voler indicare un “prima” dalla vita così come la conosciamo, in cui delimitazioni e confini tra un genere e l’altro non sono ancora avvenuti. In questi grandi oli, sempre frazionati in più tele, come ad anticipare la successiva scomposizione per generi sulla Terra, Crizzo sistema poi magistralmente quadretti-ortaggi ( melanzane, cipolle, fave eccetera) che sono invece perfettamente colorati, come a creare un continuo raffronto tra “realtà spirituale” e realtà reale. Sulle tele si alternano uomini e donne che formano un’unica entità con uccelli, cani, pesci oppure con germogli di piante. E talvolta sono immersi nell’elemento acqua. Sono continui i richiami a figure mitologiche, con citazioni di grandi maestri del passato come Andrea Mantenga ( o anche Mattia Preti). Da notare però, un’evidente centralità riservata all’uomo: se è fuso con il cavallo mantiene i propri piedi che non diventano zoccoli; la donna che è un insieme col pescespada conserva anche lei i piedi senza alcuna coda di sirena. Tuttavia questa pittura, così accuratamente realistica nei particolari anatomici per sfociare nel surrealismo riporta soprattutto alla fusione oumo-animale di Alberto Savinio, il quale però diversamente giocava tutto in modo fantastico sui colori e sull’ironia. Crizzo sembra coniugare gli slanci irruenti di Savinio con la metafisica del fratello Giorgio De Chirico. Si può dire che il pittore siciliano sia partito da una sorta di compendio per poi trovare una strada nuova e personale. Un’altra cosa si può dire: forse aldilà delle intenzioni dell’artista ( la mostra alla fine la fa chi la guarda) più che un Iperuranio perfetto il “ mondo” figurativo di Crizzo sembra segnalare un processo di sublimazione, ovvero la trasformazione di impulsi istintuali primitivi, sessuali e aggressivi, a livelli superiori, come-sosteneva Freud- processo prevalentemente inconscio operante nella produzione artistica e creativa. Insomma il processo inverso a quello del “mondo delle idee”.
Vincenzo Bonaventura
Simposio Arte, attesa l’inaugurazione di domani
C’è curiosa attesa per l’apertura del Simposio, un lussuoso quanto variegato ristorante in pieno centro storico, nel quartiere
Rabbato (via Duomo 66), proprio a due passi dalla cattedrale. L’appuntamento è per domani, giovedì alle 20,30. Dalle terrazze, di diverse altezze, è
possibile godere di una vista mozzafiato. Proprio questa sua posizione lo rende affascinante e, come per il quartiere che lo ospita, ricettacolo di artisti,
tradizione e innovazione. Non è mancato all’estro dei proprietari e dei collaboratori il guizzo di allestire delle vere e proprie mostre d’arte al suo interno. Le prestigiose sale del Simposio Restaurant adibite ad esposizione ospiteranno, infatti, per il periodo inaugurale, le opere dell’artista Crizzo, Pippo Rizzo, classe ’57. La mostra “Lo spirito della materia” conta quattordici opere di medie dimensioni che, attraverso un sguardo metafisico, penetrano la realtà dell’uomo e della pietra, quindi dell’arte stessa, per giungere allo spirito. Immagini e rimandi si alternano con presenza lieve ma carica di drammaticità.
Crizzo è un visionario ma la sua è una riflessione pacata e costante sulla natura e sulla spiritualità. Come dice lui stesso: “Pensare alla pietra è come
pensare all’eterno, all’immortale”. La rassegna “Simposio Arte” è organizzata dall’Associazione MAC. www.facebook.com/AssociazioneMAC
Le
immagini e le parole
Pietre
DiBac
Bac
Ott 27, 2020
di Daniele Moretto
Crizzo, olio su tela
Presente delle pietre
1
Noi pietre del paese
aspettiamo le piogge
e il sole di domenica.
Collirio, pace.
aspettiamo le piogge
e il sole di domenica.
Collirio, pace.
2
Ché i passi ci frastornano,
graffiano questo nostro
poroso
cristallino.
graffiano questo nostro
poroso
cristallino.
3
Possiamo essere facce
sospese sui bugnati.
Cavate, ricavate.
sospese sui bugnati.
Cavate, ricavate.
4
Possiamo essere merli
feritoie della guerra
colombe della pace
archi a crociera abbeverati d’ombra.
feritoie della guerra
colombe della pace
archi a crociera abbeverati d’ombra.
5
Possiamo essere ponti
colonne custodite
dall’abbraccio del vento.
Dal vento rose fino a rovinate.
Possiamo esser facciate.
Possiamo essere ponti
colonne custodite
dall’abbraccio del vento.
Dal vento rose fino a rovinate.
Possiamo esser facciate.
6
Possiamo stare al sole
senza sentirci sole
o sia dimenticate.
Possiamo stare al sole
senza sentirci sole
o sia dimenticate.
7
Prima o poi viene l’uomo
a usarci
farci case
cerchi d’aia.
a usarci
farci case
cerchi d’aia.
Crizzo, olio su tela
Sentire delle pietre
1.
Noi balate sentiamo le voci,
impariamo i dialetti, le calate.
2.
Quando, dopo, si sciolgono
le parole s’appiccicano a noi,
selciati.
3.
Orecchi delle case
testimoni mutissimi
e mesti, dei delitti.
(Le acquate d’aprile durature
lavano il nero delle offese
e quella d’ogni mese
purifica le ingiurie).
4.
Noi, pietre dei paesi
riconosciamo i venti.
Scirocco ci segna, ci disegna,
ci strazia con i passi macinanti
sabbia
– pura pulvica sorella –
sopra il nostro poroso cristallino.
Poi, ci sazia di miraggi!
5.
Dicessimo dei pesci
– quel che arriva dal mare –
non dormireste più
(voi che cercando forma
voi stessi deformate
la verità per gli uomini
è un vetro troppo limpido).
6.
Possiamo ricordare
i racconti dei fiumi
di quando fummo letti.
7
Temporali di agosto
che ci portano i brividi
degli amanti nel Nord!
8.
Nelle mani degli uomini,
viaggiamo.
Gli schiavi erano liberi, con noi.
Parte anch’essi
del nostro divenire
polvere e templi
materia del silenzio
che si possa toccare
questo seme nell’aria
che si perde impalpabile:
pregare.
9.
Noi siamo la certezza
concreta
della Terra.
(I dipinti di Crizzo fanno parte del polittico ‘Preludio
d’inverno’)